The Social Dilemma

Da qualche mese sul web si continua a parlare di un documentario Netflix che ha colpito la curiosità di diverse persone. È “The Social Dilemma”, che racconta con un mix di interviste e drammatizzazioni in forma di fiction le conseguenze pericolose dei social media sulle persone e sulla società contemporanea. Diretto da Jeff Orlowski, questo documentario è stato presentato per la prima volta al Sundance Film Festival del 2020 e lo ha distribuito Netflix a partire dal 10 settembre 2020.Questo documentario é composto da diverse interviste a ex dipendenti (di Google, Facebook, Twitter, ecc) che raccontano come nasce “l’algoritmo” che prevede altera e condiziona le nostre vite.Queste interviste si alternano alle immagini recitate, appunto di una tipica famiglia americana con tre figli (la più grande critica nei confronti dei social, l’adolescente che li usa per relazionarsi con i compagni di scuola e la 14enne totalmente assuefatta dai like). Ma soprattutto con una ricostruzione del famoso “algoritmo” un avatar virtuale dell’adolescente e tre personaggi che lo spiano e lo spingono a passare più tempo possibile davanti al telefonino. Il tutto condito da una grafica futuristica e un linguaggio improbabile.

“SE NON STAI PAGANDO PER IL PRODOTTO ALLORA IL PRODOTTO SEI TU”

Le persone intervistate come detto in precedenza sono ex dipendenti della Silicon Valley che raccontano il dilemma etico che li ha portati a lasciare le società dove ricoprivano ruoli importanti. In 90 minuti spiegano come la dipendenza e le violazioni della privacy di Twitter, Youtube, Facebook, TikTok, Google, Pinterest, Reddit, Instagram, Linkedin siano caratteristiche strutturali di queste piattaforme. Descrivono un mondo popolato da persone che vengono telecomandate e indirizzate da dietro uno schermo tramite un social network. Prima la Silicon Valley vendeva prodotti, ora, con i social network, vende utenti. Il senso è questo: “Se non stai pagando per il prodotto, allora il prodotto sei tu” Questa frase non é del tutto vera in quanto in realtà infatti per i social network i guadagni, come è noto, derivano dagli investitori che piazzano la pubblicità. Ma quello che i vari Facebook, Twitter e Tik Tok vendono non sono né gli utenti né i loro dati (anzi, se ne guardano bene). Vendono, piuttosto, «il graduale, sottile e impercettibile cambiamento che generano nel comportamento e nella percezione degli utenti», spiega Lanier. Quello è il vero prodotto, ed è anche il motivo per cui sono pericolosi. In che senso? Nel senso che “vendono” i nostri interessi, preferenze, emozioni, tempo e, infine, personalità. Come? Attraverso l’elaborazione di sofisticatissimi algoritmi, che hanno come obiettivo finale quello di “tenere le persone incollate allo schermo il più a lungo possibile” e così generare guadagni e che, per raggiungere questo scopo, sono in grado di leggere, memorizzare e riproporre i dati più attrattivi e coinvolgenti per noi tutti.

 

L’ALGORITMO

La manipolazione del comportamento umano a scopo di lucro è studiato con una precisione maniacale dalle aziende della Silicon Valley. Il meccanismo è questo: l’algoritmo prima coinvolge l’utente proponendo cose che gli interessano, poi lo incolla allo schermo con una narrazione da cui non riesce a uscire. E come lo fa? Usando tecniche di tecnologia persuasiva. Il sistema è simile a quello della slot machine: tiri giù la leva, aggiorni e trovi un contenuto che ti interessa sempre più. Il tuo cervello è contento e continua. Tiri giù, scorri e continui. E intanto il social network vende pubblicità. Lo scorrimento infinito e le notifiche push mantengono gli utenti costantemente impegnati; i consigli personalizzati utilizzano i dati non solo per prevedere ma anche per influenzare le nostre azioni, trasformando gli utenti in facili prede per inserzionisti e propagandisti.

CONCLUSIONI

In conclusione, la domanda che rimane di “The social dilemma” è questa: cosa c’è che non va nel mondo tecnologico moderno? Gran parte del documentario è affidato alle parole di Tristan Harris, ex esperto di etica del design digitale di Google, fondatore del Center for Human Technology. Ed è proprio lui a rispondere: “Il furto dei dati, la dipendenza dalla tecnologia, le fake news, la polarizzazione delle opinioni, le elezioni che vengono rubate sono delle conseguenze del problema. Il vero problema si trova nel modello imprenditoriale di queste aziende infatti non è la tecnologia la minaccia, ma l’abilità della tecnologia di tirare il peggio dalla società”. Dopo la visione di The Social Dilemma, in tanti, come me si sono precipitati su Facebook o Twitter con il desiderio di cancellarsi immediatamente dai social. La verità é che anche se pur di fronte alle verità mostrateci siamo fin troppo schiavi di questa tecnologia, ormai essenziale nella nostra routine, e dopo averlo visto nessuno (o quasi) si cancellerà. Né smetterà di utilizzarli. Qualcuno forse proverà a usarli di meno, ma per quanto tempo?

5 CONSIGLI PER GESTIRE I SOCIAL IN MODO CONSAPEVOLE

– Eliminate tutte le app che fanno perdere tempo e disattivate le notifiche che distolgono l’attenzione per informazioni che non sono essenziali in quel momento.

– Non accettate video consigliate da Youtube, siate voi a scegliere.

– Prima di condividere qualcosa verificate la fonte, analizzate i fatti, fate qualche ricerca in più per non cedere solo all’emotività.

–  Assicuratevi di ricevere diversi tipi di informazione, seguite anche persone con cui non siete d’accordo, così da essere esposti a diversi punti di vista.

– Lasciate tutti i dispositivi fuori dalla camera da letto a un’ora precisa ogni sera

“NULLA CHE SIA GRANDE ENTRA NELLA VITA DEI MORTALI SENZA UNA MALEDIZIONE”

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